LA FERMATA


"Destra, sinistra, destra, sinistra" mi ripeto mentalmente per tenere il passo, 
i pedali scricchiolano sotto il mio peso, 
la bici fa strani rumori ad ogni pedalata. 
Non mi stupisco più in realtà, anzi apprezzo il fatto che mi stia portando avanti. 
Mi ricordo quando me la diedero: mi era sembrato da pazzi salirci e mettermici in viaggio 
- "E' in condizioni pietose" avevo replicato 
ma era il mezzo migliore che potevano offrirmi e quindi a testa bassa 
senza confrontarmi con gli altri mi ero data da fare per restare al passo. 
Mi sarebbe piaciuto installarci uno specchietto retrovisore sul manubrio, 
avrei potuto controllare gli altri che mi superavano, 
per scansarmi eventualmente, 
ma alla fine non avevo fatto nemmeno quello.
Tra una pedalata e l'altra osservavo la trama del cemento che scorreva sotto di me, 
sfilava via velocemente. 
Ogni tanto alzavo lo sguardo oltre il manubrio malconcio,
i miei occhi si posavano sulla strada sempre uguale, interminabile. 
- “Ma sto andando avanti?”. 
Se non fosse per la fatica immane che percepivo, 
i quadricipiti che spingevano 
e la schiena umidiccia 
avrei giurato di essere ferma.
Il sole era alto, gli alberi che costeggiavano la strada non creavano nemmeno un po’ di ombra, 
mentre cercavo di apprezzare la giornata soleggiata e il paesaggio vedo qualcuno in lontananza 
- "E' una persona? Che ci fa a lato della strada?
strizzo gli occhi per mettere a fuoco mentre, avanzando, mi avvicino. 
- "Non devo nemmeno rallentare per osservare la scena, 
sto andando talmente piano maledizione!" rifletto.
Arrivata in prossimità della panchina dove lo sconosciuto stava seduto decido di accostare. 
E’ una buona scusa per prendere fiato anche con la consapevolezza che ripartire sarà più difficile, 
non si percepiva ma la strada era lievemente in salita, 
quel dislivello leggero che ad occhio nudo non si vede ma si fa sentire.
Stacco la scarpa dal pedale pregando di non cadere a terra, sono sempre stata un po’ maldestra, 
a volte la scarpa non si sgancia in tempo e casco rovinosamente dalla bici.
- "Che fai?" esordisco.
Lo sconosciuto sembra cadere dalle nuvole 
- "Ehi" mi risponde mentre realizza che non mi aveva nemmeno visto arrivare, 
eppure penso io “non è che ci sia stato tutto sto via vai di gente”, io per prima ho pedalato da sola per un tempo che mi è sembrato infinito. 
- "Che fai?" Ripeto visto che non mi pareva avesse colto la mia domanda. 
- "Aspetto l'autobus" rispose con quella nonchalance di chi sta dicendo una ovvietà, 
del tipo "perché scusa non si vede?"
Mmm non sono convinta, decido di idratarmi bevendo un sorso dalla borraccia, 
forse sto svalvolando io, 
mentre mi asciugo la fronte madida di sudore noto che il tizio è seduto sotto il sole, 
ma non ha caldo? Come fa? Mi guardo intorno e non noto cartelli o qualsiasi altra indicazione che mi suggerisca che quella sia una fermata. 
Una panchina a bordo strada non suppone che prima o poi li passerà un autobus.
- "Io sono venuta su in bici, non mi pare di aver incrociato autobus. Nemmeno uno in
effetti. Dove volevi andare?
" incalzo.
- "Eh non so di preciso, avanti per di la sicuramente" disse indicando con l'indice la fine
della strada “Però poi è indifferente ci penserò dopo a quale fermata scendere".
- "A me non pare una fermata dell'autobus sai" insisto. 
Mannaggia a me non so proprio
come dirglielo in maniera carina. 
Guardo la bici, e già mi maledico per la proposta assurda che sto per avanzare: 
- "Se vuoi ti do un passaggio in bici?" dico mentre penso "per favore non accettare, non regge nemmeno me questo aggeggio, e poi mi vergogno, quando tiro i freni fischia come un treno".
Il ragazzo mi fissa storto, guarda me, poi la bici e infine riposa lo sguardo accigliato e un po’ stanco su di me per constatare quello che stavo pensando io: "E' un po' improponibile salirci in due".
Si lo so penso arrossendo e abbassando lo sguardo, 
volevo essere gentile so cosa significa non avere un mezzo per spostarsi e anche essere da soli.
- “Però puoi avviarti a piedi” stavo pedalando talmente piano che lui con la sua stazza sarebbe andato al mio stesso ritmo, anche se li rannicchiato su quella panchina sembrava molto più piccolo di quello che era.
- “Puoi avviarti a piedi, se poi arriva un autobus lo prendi al volo” continuo.
- “Ma fa caldo, sto meglio qui ad aspettare, anzi visto che ci sono, potrei avere dell'acqua?
chiede indicando la canna della bici dove era posizionata la borraccia. 
-“Pure" sbottai, doveva essere un commento tra me e me invece mi uscì sonoramente dalla bocca.
Non è che me ne restava poi molta, perché dovrei condividere qualcosa di mio? 
Io ero stata saggia ad organizzarmi perché ora togliermi qualcosa di utile per uno sprovveduto? 
Mentre continuavo a lamentarmi dentro di me per la negligenza degli altri a cui quelli come noi incapaci di dire di no devono sopperire allungo il braccio e la borraccia con l'acqua ormai calda nella mano sudaticcia dell'uomo seduto.
Lo osservai mentre beveva. 
Notai la barba folta di tanti colori diversi, il pomo d’Adamo che si muoveva su e giù mentre deglutiva. Con quei grandi sorsi sicuro che me la finisce ne ero più che certa. 
Beve ancora? Non stava mica facendo fatica, era li seduto ad annoiarsi e deve finire la mia acqua?
Sposto l’attenzione sui suoi vestiti: è vestito bene, non direi elegante ma nemmeno sportivo, sembra quasi che stia andando a lavoro conciato così, le scarpe non erano adatte a camminare a lungo; 
noto anche la grande valigia che gli fa compagnia, è gigante chissà cosa ci ha messo li dentro? 
Si sta trasferendo?
Vengo distratta dalla borraccia che si sta agitando a mezz’aria, 
così allungando la mano me la riafferro constatando che era praticamente vuota, 
la rimetto al suo posto rivolgendo uno sguardo un po’ perplesso al tizio, 
ha delle belle lentiggini sul volto.
-“Grazie ci voleva, avevo sete effettivamente, me ne sono reso conto solo dopo aver bevuto” s
orride e io sorrido a mia volta. 
Penso che se avessi avuto più spazio avrei potuto portarne via due di borracce e magari una lasciargliela, peccato.
-“Figurati” rispondo un po’ gongolando felice di aver fatto una piccola buona azione anche oggi, dopotutto io contavo di arrivare prima o poi e sicuramente arrivata a destinazione avrei potuto rifocillarmi senza problemi, lui chissà quando sarebbe arrivato.
-“Sicuro quindi che resti qui?” chiedo mentre mi preparo per ripartire controllando il mio di bagaglio, 
una piccola borsetta di tela legata, oserei dire quasi incatenata, al portapacchi.
-“Mi farebbe piacere proseguire con te” ammetto.
-“Sei gentile, ma sto bene qui, continuo ad aspettare, buona continuazione e grazie ancora per l’acqua”.
Istintivamente stavo per aprire la bocca e replicare ma non trovai nulla di valido per sostenere la mia tesi secondo cui proseguire in due anche se lentamente era più piacevole, almeno potevo parlare con qualcuno.
Okay, buona fortuna allora” riaggancio la scarpa al pedale e mi rimetto in sella. 
Ripartire è davvero tosta, non si stava poi così male fermi: i muscoli si erano riposati e dover ritornare in posizione per pedalare era tutt’altro che piacevole.
Mi sfreccia vicino uno scooter e non posso non pensare che se avessi avuto uno di quelli forse il tizio seduto avrebbe accettato un passaggio, o forse non sarebbe cambiato niente; 
non sembrava davvero intenzionato a muoversi indipendentemente dal mezzo che avrei potuto offrirgli. Guardo lo scooter sparire rapidamente all’orizzonte e realizzo che se fossi stata in sella ad un bestione simile non mi sarei nemmeno accorta di quel ragazzo che stava aspettando su quella panchina 
e sicuramente non avrei interrotto la mia corsa per osservarlo meglio, 
tutto sommato si poteva intravedere un lato positivo del procedere adagio.
Mentre proseguo vorrei girare la testa per vedere se magari si è alzato, 
o semplicemente per vedere la sua figura rimpicciolirsi sempre più ma non sono agile, 
se giro il busto per guardarmi alle spalle sarei capace di cadere, 
"Ecco vedi, uno specchietto retrovisore mi sarebbe servito anche per questo, 
per osservare le persone che incrociamo e che lasciamo indietro” 
mentre rifletto torno a guardare la trama del
cemento che riprende a scorrere velocemente sotto le ruote, riprendo a tenere il tempo
delle pedalate “Destra, sinistra, destra, sinistra”.

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