FRUSTRAZIONE
LA FRUSTRAZIONE
LEI penetra in maniera diffusa producendo danni gravi e irreversibili.
Non so cosa la genera ma deve esserci un qualcosa, in principio, che dà origine alla proliferazione.
Da bravo parassita prende possesso dell'ospite guidandolo a suo piacimento come un burattino.
LEI ti fa scattare per qualsiasi cosa: un movimento, una parola, un oggetto fuori posto sono tutti validi motivi per riversare fuori quella rabbia e quel rancore che LEI coltiva all'interno delle sue vittime.
Io non ho sperimentato tutto questo in prima persona
ma so cosa vuol dire stare accanto ad una persona che soffre di questa patologia:
viverci insieme è come muoversi in un campo minato. Devi fare attenzione a non pestare le mine,
a girarci intorno con cautela, sperando di non sfiorarne accidentalmente una che non avevi calcolato.
La cosa peggiore è che ti ci abitui:
ad essere invisibile, a fare piano, a non dire la tua passando inosservata
pur di non svegliare il drago che sembra assopito.
Il tuo silenzio è un modo per compensare, perché LEI è rumorosa.
Se vi trovate in una situazione simile provate a farci caso.
Non saranno tanto le parole a far rumore, ma gli sbuffi e le imprecazioni.
Disagio e nervosismo vengono trasmessi tramite borbottii ed espressioni facciali che non lasciano dubbi sull'enorme sofferenza che attanaglia una persona frustrata.
Ci saranno sbuffi per qualsiasi cosa, cose irrilevanti: il tempo fuori dalla finestra, la pasta che ci mette troppo a cuocere, il suono della sveglia, l'assenza di qualcosa o la presenza di qualcos'altro.
LEI non fa sorridere, mai.
Non ho mai visto un sorriso sul volto di una persona frustrata.
Perché è la persona ad essere, in primis, assente.
LEI schiaccia e si nutre di qualsiasi cosa che potrebbe essere andata diversamente.
La cena un po' più saporita, troppo caldo, più questo e meno quell'altro.
Forse la frustrazione si nutre di questo: di aspettative non corrisposte.
Voi sarete lì, seduti dall'altra parte del tavolo, a guardare quella persona che pensavate di conoscere
e LEI farà in modo che il suo ospite non poserà mai lo sguardo su di voi,
sarete annebbiati come tutto il resto, invisibili.
LEI decide cosa merita attenzione e cosa no. LEI sceglie, al posto vostro.
Non riceverete abbracci, carezze e nemmeno compassione da una persona frustrata.
Non riceverete attenzioni e nemmeno ascolto.
LEI si interpone, tra voi e il malato: si mette in mezzo come un muro, isola e allontana.
Impedisce il dialogo, il confronto, la conoscenza;
tutto ciò che di buono può avvenire tra due anime che si incontrano
A volte penso che una persona frustrata ha condotto buona parte della sua vita come un automa,
si muove come gli è stato insegnato, seguendo un piano obsoleto scritto per lui da qualcun altro.
Mi chiedo spesso se un giorno, questo tipo di pazienti, ci rifletteranno mai oppure se non se ne renderanno nemmeno conto della vita che hanno sprecato.
Delle occasioni perse in cui potevano essere amici, fratelli, figli, padri, mariti o qualsiasi altra cosa.
LEI si mimetizza, ed è bravissima in questo.
L'ospite probabilmente nemmeno se ne rende conto di essere infetto.
LEI è radicata negli strati più profondi e si fa fatica a dissociarla dal resto.
Dove finisce il carattere e comincia la malattia non si riesce a distinguere.
Osservare questa malattia da vicino però una cosa me l'ha insegnata: a prendermi cura di me stessa.
La mia paura più grande è sempre stata quella di inaridirmi, di spegnermi;
La mia paura più grande è sempre stata quella di inaridirmi, di spegnermi;
di non saper più come essere felice, sorridente, solare, espansiva.
Avevo paura di essere contagiata anche io per osmosi, stando a contatto con qualcuno che ne soffriva.
Ho passato più di vent'anni a camminare in punta dei piedi,
per non disturbare con la mia presenza la vita di chi mi stava intorno,
cercando di non far danni, cercando di non distruggere l'equilibrio precario che esisteva.
Crescendo mi sono resa conto dell'enorme spreco che ho commesso.
Mi sono lasciata condizionare, influenzare dalle circostanze,
ho barattato me stessa per una quiete che era solo apparente.
Quando mi rendo conto di essere di fronte ad una persona che soffre di questa patologia mi verrebbe voglia di abbracciarla, di stringerla e dirle che non è troppo tardi, che LEI si può ancora combattere.
Che possiamo scegliere chi essere, che si può vivere senza quel rancore e quell'odio a cui sono abituate...
...Ma non ci sono ancora riuscita
Interessante
RispondiEliminaDi fronte a una persona frustrata, non contenta o in generale sofferente, se le vogliamo bene, possiamo solo accompagnarla, metterci accanto e continuare ad essere noi stessi. Forse la persona non cambierà, ma sentirà di non essere sola.
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso il tuo pensiero
EliminaIo non condivido appieno, secondo me bisogna tracciare una linea tra il "frustrato" ed il "rassegnato". Spesso lo si è entrambi, ma se c'è anche solo uno spiraglio di non rassegnazione allora mi sa che si può fare di più parlando, ragionando e proponendo soluzioni. Stando accanto, certamente, ma non solo 🙃
EliminaInteressante questa differenza! Non avevo mai riflettuto sulla rassegnazione... Grazie!
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