INDORARE LA PILLOLA


Solitamente mi ci recavo dopo scuola, 
frequentavo il liceo artistico
finivamo lezione verso le due del pomeriggio
prendevo l'amico (il mio primo e fidato scooter)
e mi recavo a casa di questa ragazza 
che studiava nella mia stessa scuola ma in una sezione diversa.

Mi chiedeva venti euro per farmi il gel alle unghie 
ed io ero contenta di pagare per quel servizio.
Mi piaceva togliermi quello sfizio.

Non avrei mai chiesto i soldi ai miei genitori per farmi mettere una patina inutile sulle unghie, 
ma i primi soldi che ho iniziato a racimolare quando lavoravo nei musei, 
non ancora maggiorenne, 
sono stati spesi per questo: pittura per unghie.
Venti euro al mese. 
Se mi impegnavo e non le scheggiavo riuscivo a farle durare anche qualche giorno in più finché la ricrescita non pretendeva di essere ricoperta anch'essa di un colore sgargiante 
possibilmente diverso da quello precedente.
Venti euro al mese si potevano sicuramente risparmiare...
Si potevano mettere in un bellissimo salvadanaio da rompere al compimento dei diciotto anni 
per esempio, 
per comprare la moto 
o qualsiasi altro sogno avessi all'epoca che ora non ricordo.
 
Mentre osservavo la ragazza china sulle mie unghie 
intenta a sistemare i disastri che facevo rosicchiandomi le pellicine 
pensavo che lei per un'ora di lavoro prendeva 20 euro lordi, e io a stento arrivavo a 4 netti. 
Era sicuramente una lavoratrice più furba di me: 
veniva pagata di più per fare una cosa che oltretutto le piaceva.
Io quando lavoravo nei musei mi annoiavo tremendamente. 
Non si poteva definire un brutto lavoro ma non mi appagava.
E così andavo a farmi dipingere le unghie per compensare, 
era il contentino del "Dai che domani devi lavorare! 
Oggi puoi concederti questa piccola coccola, 
vai e spendi quello che hai guadagnato ieri in mezzo turno di lavoro"

Vi starete domandando come mai vi abbia tirato fuori questa storia adesso, 
a distanza di ormai un decennio (brividi)...
Perché oggi al mio quarto giorno di lavoro mi sono ritrovata a fare questi stessi identici pensieri.
Mentre passeggiavo tra le corsie del negozio con la testa altrove ho davvero pensato: 
"Potrei andarmi a fare le unghie settimana prossima" 
"Potrei andare a farmi le unghie"
Lo stesso premio che mi concedevo a diciassette anni per convincermi che tutto sommato ero contenta di lavorare, perché mi piaceva poter andare a scuola e sfoggiare le unghie colorate 
come le altre ragazze a cui probabilmente gliele pagavano i genitori.
Lo stesso premio per compensare un lavoro che non mi si addiceva, 
che non sentivo mio, 
che mi andava stretto.
All'epoca valeva la pena fare un lavoro simile se poi potevo togliermi qualche sfizio.
Oggi a distanza di dieci anni, 
due lauree, 
due trasferimenti, 
una marea di lavori, viaggi e altro 
ho davvero progettato (dopo neanche una settimana di lavoro)
di prendere un appuntamento da un estetista 
per sentirmi gratificata, ricompensata (e non so quale altro aggettivo)
per il lavoro che ho attualmente.

Indorare (più raro inzuccherare) la pillola: cercare di attenuare con parole gentili o in altro modo un dispiacere, l'impressione di una cattiva notizia o di un fatto comunque svantaggioso...
cit. Treccani

Commenti

Post più popolari