RISPOSTA AD UN'AMICA
"Proviamo a capire come mai ti è arrivato questo lavoro,
cosa vuol farti capire il tuo inconscio?"
E' la domanda che mi ha fatto una persona, direi un'amica, stamattina,
via messaggio quando si è accorta dei cambiamenti lavorativi, e non, dell'ultimo periodo.
Non le ho ancora risposto, e anzi spero di riuscirci qui,
perché a questa domanda ci ho pensato tutto il giorno.
Perché ho accettato questo lavoro?
Cosa stavo cercando? Cosa cerco e cosa voglio?
Partiamo dal principio:
credo di aver accettato questa opportunità lavorativa perché non ho idea di cosa voglio fare
e il futuro economico mi angoscia un po' come a tutti probabilmente.
Sono sempre stata molto pragmatica e la lista dei pro che avevo stilato era sorprendentemente lunga rispetto alla lista dei contro che, per la precisione, presentava un'unica riga:
- Non è quello che voglio fare...
E' buffo perché qui le persone si divideranno in due fazioni:
i sostenitori del "Eh è un contro importantissimo, devi fare un lavoro che fa per te altrimenti non va bene" e gli altri "Vabbè è un lavoro come un altro magari un giorno lo cambi, intanto può andare"
Io credo di trovarmi nel mezzo di questa diatriba,
ad essere onesta, non mi sono ancora schierata definitivamente da nessuna delle due parti.
Ho sempre pensato che lavorare 40 ore a settimane fosse esagerato,
(da storica so che viviamo in uno stato e in un'epoca meravigliosa
lavorativamente ed economicamente parlando rispetto al passato)
ma sono convinta che se le persone passassero meno ore dentro i propri uffici
produrrebbero di più e sarebbero più serene (forse)...
Questo è il motivo per cui ho studiato quello che amavo per poterlo insegnare.
Per poter avere la possibilità di guadagnare facendo un lavoro che non mi pesasse
e anzi che fosse gratificante e vantaggioso per il prossimo.
Ho sempre voluto che la mia vita fosse utile,
di aiuto a qualcun altro, di sollievo o ispirazione.
Volevo esserci, volevo essere presente.
Con gli anni ho scoperto che oltre all'acqua, all'ossigeno e al cibo
io necessitavo di altre cose essenziali tra cui:
lo sport,
l'arte,
la lettura
e, per ultima ma non per importanza: la scrittura.
Il potenziamento di queste occupazioni ha reso meno centrale la questione lavoro.
Mi sono resa conto che potevo sentirmi realizzata con il resto e che forse, per il momento,
andava bene anche un lavoro che non avevo mai preso in considerazione
a patto che mi lasciasse del tempo per essere chi sono.
La sensazione che ho provato dopo la prima settimana di lavoro è stata stranissima:
tornavo a casa e mi rendevo conto che potevo fare quello che volevo.
Ero libera di scegliere come ammazzare il mio tempo.
Questa cosa mi ha spiazzato.
Negli ultimi N O V E anni, quando non lavoravo la mia testa era sull'università.
Qualsiasi passione extra dal lavoro avrebbe tolto inevitabilmente tempo allo studio
e questa cosa mi ha sempre fatto sentire tremendamente in colpa.
Era sempre un'indecisione:
studio o leggo?
studio o dipingo?
studio o mi alleno?
studio o aiuto i miei in casa?
studio o mi prendo del tempo per me?
Oggi ho staccato da lavoro alle 16
alle 16.30 ero a casa dopo la doccia ho fatto merenda,
letto Ken,
dormito un po' sul divano senza senza di colpa,
intagliato il legno e dipinto,
lavato i piatti,
cucinato il cibo per i prossimi giorni
e ora sono qui, al calduccio nel mio lettone a scrivere...
...e sto bene.
Sono stanchissima
Ma sto bene!
Cosa voleva farmi capire il mio inconscio?
Onestamente non lo so, forse semplicemente che va bene...
che va bene uguale,
che va bene fare esperienze,
va bene sbagliare,
va bene rendersi conto di aver fatto una scelta impulsiva o poco saggia,
che va bene cambiare strada o finire a fare un lavoro a cui non avevi mai pensato,
che da qualsiasi scelta si aprono infinite possibilità,
perché non esistono vicoli ciechi nella vita.
🐼🩷
RispondiEliminaBene
RispondiEliminaTutto vero, specialmente l'ultima frase! Sono felice che ti stia bene 😚
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